I miei ambiti di intervento possono riguardare
- – una consulenza psicologica – si svolge in alcune sedute, per affrontare, chiarire una situazione e meglio definirla: si aiuta la persona ad individuare il problema, fornendo elementi e indicazioni utili a fare chiarezza su cosa sta accadendo e sulle possibili soluzioni; sarà poi la persona a decidere quale strada intraprendere; spesso diviene un’azione di prevenzione perché interviene ai primi segni di malessere o disagio, prima che il problema si presenti. La richiesta parte da un disagio psicologico – sintomi di stress, conflitti o problematiche relazionali, difficoltà a raggiungere gli obiettivi, modificazioni dell’umore, ansia e fobie, difficoltà di adattamento, problemi scolastici e di performance – che viene analizzato
- – un sostegno psicologico – per affrontare un momento di difficoltà che si può superare acquisendo nuove competenze e strategie – ad es. potenziare la resilienza, migliorare l’autostima, promuovere la consapevolezza di sè, gestire efficacemente relazioni conflittuali (nel senso di costruire relazioni sane allontanandosi da quelle disfunzionali), sviluppare nuove capacità mantenendo la motivazione, favorire l’assunzione di responsabilità della propria vita) – eliminando i sintomi che creano sofferenza o disagio
- – una terapia individuale – la richiesta d’aiuto in questo caso coinvolge una situazione di crisi, anche esistenziale, che fa sentire i suoi effetti in modo più serio e che non riusciamo ad affrontare da soli; prevede un percorso più lungo e impegnativo perché volto a sondare la parte più profonda di noi stessi, riorganizzandone la struttura, affrontando conflitti intrapsichici e i meccanismi di difesa che hanno “nascosto”, reso inconscio il conflitto, sviluppando sovente un sintomo (d’ansia, dell’umore ad es. depressione, del sonno ad es. insonnia, o psicosomatici). Ma la psicoterapia è anche una modalità di autorealizzazione: rappresenta un’opportunità di crescita in quanto sviluppa e promuove la consapevolezza di sé, del proprio modo di pensare e agire, delle risorse magari inesplorate che abbiamo e che ci permettono di mettere in atto i cambiamenti che desideriamo, con coraggio e determinazione. Ci permette quindi di essere, pienamente e totalmente (anziché apparire).
Il mio metodo di lavoro utilizza il colloquio psicoterapeutico, l’interpretazione dei sogni (il linguaggio che l’inconscio utilizza per esprimersi), le libere associazioni e le tecniche di rilassamento – visualizzazioni guidate, ipnosi, ecc..
Come si intuisce da ciò che scrivo, prediligo l’informalità al manierismo e agli atteggiamenti artificiosi per rivestire un ruolo. Il mio modo di lavorare ha bisogno dell’immediatezza di ciò che siamo, di come ci esprimiamo – anche in dialetto, perché no se è il linguaggio con cui pensiamo. Questo consente anche al paziente di esprimersi liberamente e senza alcun timore di essere giudicato, permettendo ai nostri mondi di incontrarsi e iniziare il nostro viaggio.
Lo scopo del mio lavoro – come riporta l’art. 3 del Codice Deontologico degli Psicologi – è:
“… promuovere il benessere psicologico dell’individuo…. migliorare la capacità delle persone di comprendere se stessi e gli altri e di comportarsi in maniera consapevole, congrua ed efficace.”
Questo il link per consultare il Codice Deontologico degli Psicologi
http://www.psy.it/codice-deontologico-degli-psicologi-italiani
Quasi sempre sono dei sintomi (ansia, insicurezza, paure irrazionali, attacchi di panico, depressione, melanconia, insonnia, sintomi fisici senza cause organiche – mal di testa, problemi digestivi, eruzioni cutanee, ecc) che portano le persone a intraprendere questo percorso ma, come dico ai miei pazienti, i sintomi sono la punta di un iceberg, la parte visibile, un campanello che possiamo percepire, ma dobbiamo andare alla ricerca della causa, di chi sta suonando alla porta.
Il sintomo è il modo, creativo, in cui il nostro inconscio vuole attirare l’attenzione su un problema, un conflitto, qualcosa che non ci fa bene…. e che ci provoca disagio.
I sintomi sono la rappresentazione simbolica del vero problema.
Come, incredibile ma vero, nell’agosto del 2014, mentre stavo camminando sul tapis roulant in palestra e sentii un dolore alla caviglia che si gonfiò inspiegabilmente senza che ci fosse stato un trauma o una distorsione. Zoppicai per 40 giorni durante i quali non erano mancate visite dal medico e dal fisioterapista, impacchi, antinfiammatori, macumbe e quant’altro, fino al responso della risonanza magnetica: frattura da stress della tibia!!! perfettamente risaldatasi nonostante, da irriducibile iperattiva, avessi continuato a camminare e a guidare,; smisi solo di ballare perché il dolore non bilanciava il piacere. Quale messaggio più esplicito – e brutale – del mio inconscio che mi metteva in guardia “O ti fermi o ti spezzo la gamba” … e ho dovuto constatare sulle mie ossa che “il capo” mantiene sempre le promesse!!!
Ma l’inconscio non è un sabotatore, è piuttosto un “genio guastatore” che lavora per il nostro bene più grande, davanti al quale non esita a sacrificare nulla, neppure la nostra salute.
Chiediamoci allora: cos’è il nostro bene più grande? qual è la cosa migliore per noi? La risposta più corretta che ho trovato è :
“Realizzare il disegno per cui siamo nati” – un disegno che abbiamo scelto noi stessi.
Va anche detto di cosa non mi occupo, in quanto non ne ho la preparazione specifica necessaria:
- non mi occupo di disturbi del comportamento alimentare: anoressia, bulimia ecc in quanto la terapia più efficace deve coinvolgere anche la famiglia (buoni risultati vengono ottenuti dalle terapie famigliari sistemiche) e va affrontata prevedendo anche dei ricoveri in centri specializzati,
- non mi occupo di tossicodipendenze poichè spesso è presente una doppia diagnosi che va, anche in questo caso, affrontata in modo integrato da equipe specializzate, coinvolgendo possibilmente la famiglia, svolgendosi preferibilmente in residenze protette.
Non tutti i pazienti possono beneficiare del mio approccio e modalità di lavoro in quanto la scelta del terapeuta va fatta sia considerando il suo modello terapeutico ma anche il problema che viene presentato e il rapporto che si instaura tra Paziente e Psicoterapeuta.
Solitamente questi aspetti divengono chiari durante il primo incontro, in cui il Paziente interagisce con me e si sente compreso, oppure no (può capitare, e devo tollerare anche la “ferita narcisistica” di non essere il terapeuta giusto per quel paziente).
Spesso la richiesta che mi si presenta al primo incontro cela altre problematiche più profonde (la modalità del sintomo è appunto questa) che solo durante il percorso psicoterapeutico diverranno più evidenti; fondamentale anche lo spazio – sacro e protetto – dove poter accedere ai nostri nuclei complessuali.
Spesso i sogni ci aiutano a trovare la strada per raggiungerli.
Alla prima seduta di psicoterapia con il mio maestro Giovanni Gocci, verso la conclusione dell’incontro mi chiese se in quei giorni avevo fatto sogni; lo guardai stupita (la stessa espressione che vedo nei miei pazienti quando me lo sentono chiedere per la prima volta) ma in realtà ne avevo fatto uno la notte stessa, in cui il terapeuta con cui avevo appuntamento – nel sogno sapevo che era un terapeuta – mi veniva a trovare nel mio appartamentino e mi abbracciava, cosa che pensai fosse assolutamente fuori luogo… In quel periodo, fine estate 1995, ero alla fine del secondo anno di psicologia. Giovanni mi chiese di descrivergli quella persona: risposi “costituzione normale, con baffi e capelli neri e ricci, indossava un maglione tipo Missoni”… Giovanni si alzò, andò alla scrivania e prese una foto che ritraeva l’uomo del sogno che portava lo stesso maglione… era lui anni prima. Rimasi sbalordita… i nostri inconsci si erano incontrati prima di noi, per darmi un messaggio inequivocabile, di amore, di fiducia. Fu quel sogno a convincermi a non mollare il mio percorso (durato 5 anni) quando non volevo accettare certe interpretazioni o quando le resistenze al cambiamento mi facevano andare via sbattendo la porta. Quel sogno mi faceva tornare.
Tutto questo è “magia”, certo, perché la vita è magia.
Da quanto ho raccontato emerge che la relazione che si instaura tra Paziente e Psicoterapeuta è di fondamentale importanza per la riuscita di un percorso psicoterapeutico. Una relazione che è fatta di ascolto, empatia, confronto, concettualizzazioni dell’inconscio e dei meccanismi in atto, in cui entra in gioco sia tutto il mondo del Paziente che quello dello Psicoterapeuta.
Una relazione possibile solo quando c’è profonda fiducia reciproca.
Dopo il primo incontro – in cui sono emerse la modalità di lavoro, la richiesta del Paziente, le emozioni e sensazioni prodotte dalle riflessioni emerse sul problema portato – lascio che il Paziente sedimenti dentro di sé quanto accaduto almeno un giorno (e una notte), decidendo in autonomia se iniziare il percorso. Percorso che non è mai facile o indolore, ma che richiede grande impegno – e non mi riferisco all’aspetto economico ma alla forza e al coraggio necessari per mettersi in gioco e mettere in atto un cambiamento.
Se il Paziente mi contatta per un secondo appuntamento, stabiliamo alcune sedute – 3 o 4 – per mettere meglio a fuoco il problema e stabilire, in comune accordo, obiettivi possibili e modalità per raggiungerli. E inizia il percorso.
Uno strumento, in particolare, è a mio avviso straordinario per aiutarci a raggiungere la piena consapevolezza e la calma interiore e per contrastare molti sintomi di sofferenza e disagio (primo fra tutti l’ansia): la meditazione – nelle diverse accezioni di autoipnosi, rilassamento, mindfulness… Si tratta di una tecnica antichissima – utilizzata per raggiungere e mantenere il benessere grazie alla capacità di vivere nel qui e ora – che la nostra società – frenetica, materialista, proiettata sul futuro e schiavista – ha di fatto rimosso dalla nostra memoria screditandola come un’ “inutile perdita di tempo” e categorizzandola tra le superstizioni irrazionali.
Oggi più che mai dobbiamo recuperare questa capacità di tornare a noi stessi, di “centrarci e rimanere presenti”, eliminando lo stress che il mondo esterno produce con le sue infinite e spesso assurde richieste. Il risultato sarà una salute migliore, maggiore lucidità e capacità di concentrazione che ci permettono di essere più produttivi e focalizzati sui compiti quotidiani, una profonda serenità che ci consente di vivere relazioni migliori e di godere pienamente la vita in ogni suo aspetto.