In questa sezione esamineremo in che modo gli aspetti non verbali della comunicazione possono rinforzare, completare o, al contrario, ostacolare e contraddire il messaggio verbale (spesso, infatti, i gesti disturbano, intralciano il senso del messaggio).
In un colloquio di selezione la situazione viene vissuta come stressante o “pericolosa” e la tensione blocca una parte di energia sottraendola al controllo del pensiero. Risulta quindi importante per un candidato, proprio come l’atleta prima di una competizione, prepararsi all’incontro rilassandosi e respirando profondamente, allo scopo di scaricare le inevitabili tensioni.
Ovviamente non è possibile studiarsi e adottare uno stile di comportamento non verbale “ideale”: l’effetto artificiale, innaturale che ne risulterebbe sarebbe più dannoso che altro; piuttosto, ciascuno deve cercare di correggere i suoi “errori” o gli atteggiamenti “disfunzionali” e, se possibile, sperimentare diverse forme di gestualità e mimica, verificandone l’apporto che questi possono dare a ciò che si intende comunicare, ben consapevoli della necessaria capacità di improvvisazione…
Indipendentemente dal contenuto del messaggio, l’uomo parla :
- per essere sentito (dobbiamo assicurarci che il messaggio arrivi all’interlocutore, che il volume sia sufficiente e l’articolazione delle parole chiara)
- per essere ascoltato (dobbiamo mantenere viva l’attenzione dell’altro affinchè ci presti interesse)
- per essere compreso (preoccupandoci che l’interlocutore dia il nostro stesso significato al messaggio, in altre parole che non ci siano distorsioni nella fase di decodifica ed elaborazione)
Caratteristiche della comunicazione non verbale:
- – la comunicazione non verbale trasmette soprattutto informazioni sui nostri sentimenti e sulla relazione con l’altro (vs comunicazione verbale = informazioni cognitive)
- – la comunicazione non verbale non ha un inizio e una fine ma si protrae per tutto il tempo in cui gli interlocutori sono coscienti l’uno dell’altro; ecco perché l’assioma fondamentale di Watzlawick secondo cui non è possibile non comunicare
- – il messaggio veicolato dalla comunicazione non verbale non è facilmente controllabile, in quanto coinvolge diversi canali simultaneamente (trasmissione parallela vs trasmissione consequenziale della comunicazione verbale)
- – infine va riconosciuto l’enorme impatto (effetto) che la comunicazione non verbale ha sulla comunicazione: 2/3 del contenuto del messaggio contro 1/3 determinato dalla comunicazione verbale; la comunicazione non verbale è una comunicazione autentica (la famosa 1^ impressione)
La comunicazione non verbale è tutto ciò che entra nel fenomeno comunicativo e che non riguarda il linguaggio codificato (orale e scritto):
- il paralinguaggio (aspetti vocali ma non verbali del parlato)
- la prossemica (posizione occupata dagli interlocutori nello spazio)
- la cinestesica (postura, sguardo, mimica)
- gli artefatti
- il tempo
Certi comportamenti, posture e gesti sono innati, specie quelli autonomi (sudorazione, tremori, rossori, …); altri sono invece appresi (per dire NO scuotiamo la testa).
Ognuno di noi utilizza spontaneamente e inconsapevolmente ogni giorno la propria capacità di decodificare il linguaggio non verbale, per scoprire com’è “veramente” il nostro interlocutore, per comprendere il suo comportamento e il suo stato affettivo
Il PARALINGUAGGIO : la comunicazione legata alla voce
Il paralinguaggio è definito l’aspetto vocale, ma non verbale, della parola; rappresenta il MODO in cui diciamo qualcosa (piuttosto che le parole pronunciate).
Ogni frase comunica un messaggio differente a seconda di:
- – articolazione delle parole (può trasmettere un’immagine di sicurezza, di competenza)
- – intonazione (deve essere abbastanza varia, evitando di essere monotoni)
- – volume (è in funzione della distanza tra gli interlocutori)
- – flusso (portata, velocità; alcuni ritengono che un eloquio veloce sia più persuasivo, in realtà ciò compromette la comprensione di quanto viene detto, e quindi la possibilità di elaborare una replica da parte del ricevente; generalmente si tende a riempire i “buchi”, i vuoti di silenzio parlando “a raffica”; in realtà anche le pause vanno ben gestite in quanto sono interpretate come sintomo di competenza e sicurezza; inoltre permettono a chi parla di prendere fiato e di riordinare le idee, a chi ascolta di elaborare e comprendere quanto è stato detto e di formulare l’eventuale replica)
- – accento con cui parliamo (innesca inevitabili pregiudizi sulla nostra provenienza geografica)
Il paralinguaggio ci fornisce importanti informazioni sullo stato emozionale di chi parla (rabbia, imbarazzo, simpatia, odio, ecc.) e fanno parte di questa categoria i suoni emessi, quali il pianto, il riso, i gemiti, gli sbadigli, ecc.
La PROSSEMICA: la posizione occupata dagli interlocutori nello spazio
Si riferisce al modo in cui gli interlocutori occupano il luogo in cui si trovano, la distanza che mantengono tra loro. Ovviamente riguarda solo gli scambi vis-à-vis.
Esattamente come gli animali anche l’uomo “marca” il suo territorio, non solo con il suo corpo ma anche con l’uso di oggetti (il cappotto o un giornale sulla sedia accanto, fogli e libri disseminati su un tavolo, ecc.)
Le zone di interazione, intese come la distanza tra gli interlocutori, rappresentano un’ottima chiave di lettura per valutare il tipo di relazione; potendo scegliere, ciascuno si posiziona ad una distanza che gli sembra favorevole e accettabile in quella situazione.
Le caratteristiche dei differenti tipi di territorio e la distanza tra gli interlocutori sono determinate in larga misura dalla cultura del gruppo di appartenenza ma, soprattutto per quanto riguarda le zone di interazione:
- – dalla posizione gerarchica (chi ha uno status inferiore si tiene a distanza, chi detiene uno status superiore si avvicina a suo piacimento e occupa maggiori porzioni di territorio)
- – dalla situazione (ad es. viaggiare in metro nell’ora di punta)
- – dal compito che si sta eseguendo (ad es.trasportare un ferito)
- – dall’atteggiamento del partner (estroversione, timidezza)
La CINESTESICA (dal greco kinesis, movimento del corpo e dell’anima)
Studia il linguaggio non verbale veicolato dai gesti e dalla mimica facciale.
Un primo elemento della cinestesica è rappresentato dalla POSTURA, la quale ci informa sul modo in cui il nostro interlocutore vive l’interazione in altre parole è il riflesso del suo atteggiamento (rivela il suo stato interno). La postura può essere:
- in contrazione – esprime sottomissione, “mi faccio più piccolo”,
- in estensione – rivela un atteggiamento dominante, “ti sovrasto”,
- di avvicinamento – comunica un atteggiamento partecipativo e di interesse
- di allontanamento – denota un atteggiamento di rifiuto, di chiusura.
Ogni cambiamento di postura ha un significato ben preciso, che ci permette di leggere in tempo reale ciò che passa per la testa del nostro interlocutore mentre la rottura di una postura durante l’ascolto rivela la reazione a quanto comunicato.
Un altro elemento molto importante della cinestesica coinvolge il viso: si tratta della MIMICA; il viso è in assoluto la parte del corpo dell’interlocutore che osserviamo per più tempo durante gli scambi comunicativi ed è in grado di trasmettere emozioni e sentimenti, in ogni loro sfumatura.
E’ una capacità istintiva quella di proiettare le nostre emozioni attraverso un’espressione facciale (famosi gli studi sulle 6 emozioni fondamentali di Paul Ekman) e di ricevere un feedback quasi immediato alla nostra espressione (un sorriso ci fa subito sorridere a nostra volta).
Lo SGUARDO, in particolare, è “un gesto che tocca a distanza”: desta l’attenzione e funge da stimolo; le pupille si dilatano quando osserviamo qualcosa che ci interessa o che ci emoziona (come ben sanno certi mercanti o i giocatori professionisti che indossano occhiali scuri per non rivelare alcun indizio agli avversari).
Con gli occhi chiediamo una retroazione (feedback) a quanto stiamo dicendo, verifichiamo che il canale della comunicazione sia aperto e diamo precise informazioni sulla natura di una relazione (ad es. positiva: lo sguardo è fisso e attento, o negativa: distogliamo lo sguardo).
John Grinder e Richard Bandler, fondatori della Programmazione Neuro Linguistica – PNL – hanno messo a punto un sistema di analisi del modo di elaborare il pensiero degli individui proprio a partire dall’osservazione dei loro movimenti oculari (secondo tale teoria, il linguaggio struttura e riflette il nostro pensiero, come ho illustrato nell’articolo PNL).
Un altro elemento che appartiene alla cinestesica è la GESTUALITA’, definita molto efficacemente come “l’animazione del pensiero”; il gesto illustra i nostri propositi, riflette all’esterno i nostri sentimenti e atteggiamenti.
I fattori che influenzano i nostri gesti sono:
- le nostre origini culturali e l’educazione ricevuta,
- il nostro status (la posizione sociale che occupiamo)
- il contesto in cui ci troviamo (ad es. in una chiesa o al bar)
- il genere di appartenenza (maschio o femmina)
Gli ARTEFATTI – sono gli oggetti creati dall’uomo.
Appartengono a questa categoria: colori, abiti, accessori, arredi ecc.; anch’essi trasmettono, più o meno esplicitamente, un messaggio.
Alcuni studi hanno approfondito gli effetti psicologici, positivi e negativi, che vengono associati ai colori, grazie alle influenze fisiologiche che inducono, come ben sanno gli esperti di marketing nella scelta del packaging per motivare all’acquisto.
Anche la scelta degli abiti che indossiamo comunica la cultura (o la subcultura) di appartenenza, lo status, l’atteggiamento liberale o conservatore, il rispetto delle convenzioni; stessa cosa dicasi degli accessori: i bijoux (percing, fedi, …), i tatuaggi, l’acconciatura, gli oggetti di cui ci circondiamo (la macchina, ma anche gli arredi del nostro ufficio o della nostra casa e la loro disposizione, tutto comunica l’importanza che diamo a certe attività piuttosto che ad altre) o che regaliamo.
Il TEMPO – la sua utilizzazione, come lo organizziamo e reagiamo ad esso.
In ogni comunicazione ci deve essere accordo nei riferimenti temporali. Distinguiamo due tipi di tempo:
- culturale: nella nostra cultura il tempo è misurato, suddiviso in secondi, minuti, ore e giorni. Abbiamo culture in cui viene data molta importanza alla puntualità, indice di affidabilità e cortesia (Germania e Svizzera) e altre in cui è tollerata una certa flessibilità (popoli latini); queste differenze, se non sono conosciute, possono dare origine a tensioni ed a malintesi.
- psicologico: indica l’importanza che diamo, come individui, al tempo passato, presente e futuro; possiamo avere soggetti con atteggiamenti imperniati sul passato (rimpiangerà i bei vecchi tempi….), altri con atteggiamenti imperniati sul presente (vive senza preoccuparsi del futuro, senza fare progetti…) e altri ancora con atteggiamenti incentrati sul futuro (danno grande importanza al risparmio, pianificano le loro azioni….).
Infine, alcuni segnali ci danno precise indicazioni sul turno di chi deve parlare:
– si vuole conservare la parola (eeeehhhh…)
– si ha finito di parlare e si vuole cedere la parola (hein?? )
– si desidera prendere la parola (hummm… facendo un cenno con la mano, accompagnato dall’apertura degli occhi e della bocca)
– se non si intende prendere la parola (mmh!! oppure tossendo o soffiandosi il naso)
BIBLIOGRAFIA
Abric J.C. – Pratiques sociales et représentations – Presses Universitaires de France, 1994
Cattivelli A – Gestire i rapporti con gli altri – Franco Angeli, 1998
Damourette J., Pichon E. – Des mots à la pensée – Ed.d’Artrey, 1968-71
Majello C. – L’arte di comunicare – Franco Angeli, 1993
Simini M. – La comprensione reciproca – Franco Angeli, 1997