Tecniche di Comunicazione

 

La COMUNICAZIONE è l’azione che ci permette di comunicare (mettere in comune), di entrare in relazione con gli altri allo scopo di trasmettere un MESSAGGIO  o di far circolare un’ INFORMAZIONE .
La comunicazione è sempre bidirezionale.

In una COMUNICAZIONE avremo:
– 2 o più comunicanti (emittente e ricevente)
– un messaggio
– la formazione e l’interpretazione del messaggio (codifica e decodifica)

Occorre distinguere tra ricezione del messaggio (il messaggio è stato trasmesso dall’emittente e ricevuto dal ricevente) e comprensione di un messaggio (il ricevente ha dato al messaggio lo stesso significato dell’emittente). 

Roman JAKOBSON, linguista americano di origine russa (1896-1982) specializzato in psicolinguistica, ha elaborato uno schema dell’atto della comunicazione, secondo cui in ogni comunicazione sono presenti 6 elementi (a cui ne sono stati aggiunti successivamente 4 da altri autori).

Emittente : o fonte di trasmissione, è colui che invia un messaggio attraverso un canale di comunicazione

Ricevente : è il destinatario del messaggio, colui che riceve il messaggio.

Codice : sistema di segni comune tra Emittente e Ricevente.
Esistono molti tipi di codice, la distinzione principale è tra:

  • Codice Verbale o digitale; linguaggio orale e scritto (ad es. la lingua italiana); si basa sull’utilizzo di una lingua comune o conosciuta dai partecipanti. Il limite principale di ogni codice è quello di non essere comprensibile a tutti
  • Codice Non Verbale o analogico, che può essere a sua volta:
    • Gestuale (linguaggio dei segni, sguardi, mimica, atteggiamento corporeo, postura, ecc..)
    • Sonoro (codice Morse, sirene, tam-tam, grida, riso, musica, …)
    • Visivo o iconografico (codice della strada, segnaletica di sicurezza, drappi, abbigliamento e accessori, …)
    • Tattile (scrittura Braille, strette di mano, abbracci, …)
    • Olfattivo (profumi, odori, ….)
    • Gustativo (sapori, … )

Referente : tema del messaggio, a cosa ci riferiamo, il sistema di riferimento che deve essere comune, condiviso tra i due comunicanti; può essere relativo al reale o all’immaginario.

Canale : è il supporto fisico della comunicazione, il mezzo attraverso cui scorre il messaggio, la via di passaggio (l’aria per i suoni e la voce, il corpo per i gesti, supporti cartacei per la scrittura, etc.)

Messaggio : ciò che è trasmesso concretamente dall’Emittente al Ricevente, il contenuto e il significato di quanto viene trasmesso

Norbert Wiener introdusse un ulteriore elemento, il FEEDBACK o retroazione, che possiamo definire “la risposta del destinatario, la reazione del ricevente che ci dà precise informazioni sul fatto che il messaggio sia arrivato, oppure no, a destinazione e sia stato compreso, oppure no, correttamente”. Anche il feedback è, a sua volta, un atto di comunicazione e questo elemento è di cruciale importanza, poiché ci ricorda di verificare sempre l’efficacia delle nostre azioni comunicative (ad es. un cenno per annuire, lo sguardo, ecc.).
In ogni comunicazione, inoltre, dobbiamo considerare le possibili fonti di disturbo, definite in linguistica
RUMORE (può essere sia il rumore che ostacola l’ascolto e la comprensione del messaggio, ma anche il volume della voce troppo basso, una macchia sul foglio che sto leggende, ecc.) che si cerca di limitare con la RIDONDANZA, cioè la ripetizione di parole, immagini, gesti, riformulazione del messaggio ecc.

Quanto detto ci porta alla conclusione che la comunicazione:

  • – è un fenomeno CIRCOLARE
  • – è un comportamento – così come ogni comportamento è comunicazione, e ogni comunicazione influenza il comportamento stesso

Perché la comunicazione sia efficace non basta che Emittente e Ricevente parlino la stessa lingua (conoscano lo stesso codice) ma devono condividerne il maggior numero di elementi e conoscere entrambi il Referente sottostante (contesto), come accade, ad esempio, nella comprensione di un testo scientifico.

Vediamo quali FUNZIONI svolge la comunicazione:

  • – la trasmissione di un informazione;
  • – la socializzazione – acquisire e creare quel patrimonio comune di conoscenze e di idee, stimolando la discussione e il dialogo allo scopo di giungere ad un accordo
  • – la motivazione – per il perseguimento di obiettivi
  • – l’educazione – divulgazione del sapere
  • – la promozione culturale – diffusione di opere artistiche e culturali
  • – l’integrazione tra persone, gruppi e nazioni (ad es. gli accordi internazionali)

Occorre, inoltre, distinguere i LIVELLI DELLA COMUNICAZIONE (Braga, 1974):

  • – il livello della comunicazione interpersonale (di base) dove il messaggio è orale e/o gestuale, e soprattutto immediato (la conversazione, il colloquio, ecc.)
  • – il livello della comunicazione culturale (organizzata), in cui compaiono tecnologie e nuovi canali di comunicazione (scrittura, pittura, …) e in cui l’emittente può essere “assente”
  • – il livello delle comunicazioni di massa (centralizzato per quanto riguarda la fonte e diffusivo per quanto riguarda il messaggio)

La conversazione è il tipo più diffuso di comunicazione interpersonale che avviene grazie alla vicinanza fisica e al contatto diretto tra due o più persone.
La conversazione è presente nella maggior parte della nostra vita quotidiana e ha le sue regole, ad es. quella secondo cui tutti hanno la possibilità di parlare, alternandosi uno alla volta, a intervalli molto brevi.

E’ il caso di menzionare qui i quattro principi, o massime conversazionali, che Grice (1978) rileva come essenziali per una conversazione efficace:

  • – quantità : sii informativo quanto richiesto
  • – qualità : sii sincero e ben fondato
  • – relazione : sii pertinente
  • – modo : sii chiaro e precipuo, ossia fondamentale, essenziale

Queste massime conversazionali ci danno importanti suggerimenti su come affrontare i colloqui di lavoro, in cui daremo le informazioni necessarie richieste, senza dilungarci inutilmente, raccontando in modo comprensibile e senza mentire, rispettando i ruoli della situazione.
Per quanto riguarda ciò che si vuol comunicare :
chiarezza + concisione
Per quanto riguarda il modo in cui comunicare: espressività + cortesia

Paul Watzlawick (appartenente alla scuola di Palo Alto, studiò la dimensione interpersonale presente nella comunicazione, approfondendone gli aspetti non verbali e la comunicazione patologica) postulò 5 assiomi, o princìpi:

  1. 1 – non si può NON COMUNICARE : se comportamento e comunicazione sono sinonimi, ogni comportamento è comunicazione (quindi non esiste un “non comportamento”: anche il restarsene in silenzio a guardare il soffitto dice qualcosa!)
  2. 2 – la comunicazione ha un aspetto di contenuto (le informazioni, i concetti che si vogliono trasmettere, il COSA diciamo) ed uno di relazione (che ci dà informazioni sul modo in cui dobbiamo intendere il messaggio, il COME lo diciamo). Le discussioni costituiscono un ottimo quadro di riferimento per studiare i turbamenti della comunicazione che provengono dalla “confusione” tra contenuto e relazione
  3. 3 – la comunicazione interpersonale è un susseguirsi ininterrotto di scambi anche se inevitabilmente compiamo una selezione di quanto viene scambiato, qualcosa va perso, altro viene sintetizzato e il nostro sistema di pensiero – interessi, abitudini, attenzione, intelligenza, aspettative, credenze e valori, ecc. – elabora solo una parte dei messaggi 
  4. 4 – noi comunichiamo contemporaneamente in maniera digitale (attraverso l’uso delle parole, di segni convenzionali) e analogica (mediante i registri non verbali, la gestualità, l’intonazione, la postura, ….)
  5. 5 – la comunicazione può essere simmetrica (basata sull’uguaglianza degli interlocutori) o complementare (gli interlocutori occupano posizioni diverse).

Requisiti di una buona comunicazione (Majello C., 1993)

  • Conoscere il destinatari
  • Usare canali di trasmissione appropriati, anche diversificati, per migliorare il contenuto dell’informazione 
  • Saper suscitare interesse, anche utilizzando nuovi stimoli
  • Informare esaurientemente
  • Ascoltare e valutare le reazioni del destinatario controllandone il feedback

Secondo gli studi sulla comunicazione, solo il 10-15% di ciò che noi comprendiamo/ricordiamo/prestiamo attenzione è veicolato dalle parole – linguaggio verbale; l’85% riguarda invece il Comportamento o Comunicazione Non Verbale (40-45% per l’aspetto visivo – ciò che vediamo – e il rimanente 40-45% per l’aspetto uditivo – tono della voce e altri aspetti del paralinguaggio)

I « fallimenti » della comunicazione.

A – Le CAUSE dei fallimenti della comunicazione:

Una comunicazione può fallire per diverse ragioni:

  • Incomprensione del senso – non si conosce   il significato di una parola o ci si fraintende sul senso, oppure la stessa parola può avere più significati
  • Personalità dell’individuo – contesto di vita e livello sociale influenzano moltissimo la comprensione attiva degli individui; occorre prestare attenzione alla percezione del Ricevente ed adattare il proprio modo di esprimersi e il proprio atteggiamento in funzione delle caratteristiche dell’interlocutore: età, sesso, posizione sociale, livello culturale, ecc.
  • Rumore – in linguistica si intende RUMORE tutto ciò che influisce, interferendo, sulla trasmissione del messaggio (un rumore sonoro, un disturbo nel canale, ma anche un tono di voce troppo basso, una scrittura difficile da leggere, una macchia sul foglio, un errore di battitura, la mancanza di attenzione del Ricevente, ecc.). Ovviamo ai problemi di Rumore ricorrendo alla RIDONDANZA, cioè alla ripetizione del messaggio nel tempo combinando diverse modalità di codice.

B. Le FORME dei fallimenti della comunicazione

  • Malintesi (cattiva comprensione) – si verifica uno scarto tra il senso reale e quello attribuito dal Ricevente, oppure viene dato un altro significato ad una parola-chiave.
  • Autismo – è il ripiego su di sè che porta all’incapacità di comunicare con gli altri (una rottura di contatto patologica)
  • Ermetismo – è il tentativo di fornire ad ogni espressione una visione personale, una concezione originale.
  • Dialogo tra sordi – non c’è alcuna volontà di uscire dal proprio quadro di riferimento parlando con gli altri; i due sistemi utilizzati restano rigidi.
  • Distorsione del messaggio nel corso della sua trasmissione
    • – deformazione e trasformazione del messaggio (tipico nella riproduzione di un messaggio lungo la catena gerarchica)
    • – interpretazione personale
    • – errore di codifica a livello del significato
    • – condensazione del messaggio (i dati vengono sintetizzati, trascurando i dettagli)
    • – aggiunta di dettagli accessori che falsano l’interpretazione
    • – assimilazione di informazioni, di elementi tra loro

Da quanto esposto, possiamo affermare che la comunicazione è un’interazione, un atto sociale deliberato o involontario, cosciente oppure no, una transazione tra gli interlocutori.
Inoltre la comunicazione ha sempre una finalità, un obiettivo, che può essere esplicito, implicito o inconsapevole.

IL RUOLO DEGLI ATTORI NELLA COMUNICAZIONE

Gli interlocutori, all’interno della situazione di comunicazione, sono influenzati da tre tipi di variabili: psicologiche, cognitive e sociali:

– VARIABILI PSICOLOGICHE

La situazione comunicativa coinvolge, interessa la nostra personalità nella sua totalità, mentre il sistema di bisogni determina le nostre motivazioni.

Secondo la teoria motivazionale di Kurt Lewin in ogni situazione di comunicazione gli attori tendono a raggiungere un duplice obiettivo: raggiungere certi scopi evitando di porsi in situazioni minacciose o spiacevoli.

Seguendo invece la teoria gerarchica dei bisogni di Abraham Maslow il comportamento sarà determinato dal bisogno che, in quella situazione e secondo una ben definita gerarchia, genera tensione.

Inoltre, è il caso di includere tra le variabili psicologiche due meccanismi che influiscono spesso nelle situazioni comunicative:

il meccanismo proiettivo, secondo cui tendiamo ad attribuire agli altri il nostro pensiero oppure attribuiamo loro, indebitamente, determinati atteggiamenti che possano giustificare i nostri sentimenti e comportamenti nei loro riguardi

il meccanismo di difesa, che ha la funzione di ristabilire il nostro equilibrio interno, minacciato da un’informazione che viene avvertita come minacciosa (ad esempio, perché non conforme al nostro sistema di valori, al nostro sistema di norme, ai nostri atteggiamenti o alla nostra visione del mondo). Tra i meccanismi di difesa possiamo citare la memorizzazione selettiva, la rimozione e la negazione (sia di un dato che dell’autorità della fonte).

– VARIABILI COGNITIVE

Il sistema cognitivo – il modo di pensare, di raccogliere, organizzare e recuperare le informazioni – dipende sia da caratteristiche individuali sia dal contesto sociale; nelle situazioni di comunicazione il sistema cognitivo determina il linguaggio utilizzato (il codice), l’organizzazione logica del pensiero e l’interpretazione dei messaggi ricevuti.

La rappresentazione è l’insieme organizzato delle informazioni, delle credenze, degli atteggiamenti e delle opinioni che ciascuno ha elaborato a proposito di un determinato oggetto; la funzione delle rappresentazioni è quella di consentirci la costruzione della realtà (la nostra carta del mondo) e di attribuirle un significato specifico.

La rappresentazione gioca il ruolo chiave di “filtro d’interpretazione”, in altre parole noi percepiamo, interpretiamo e decodifichiamo la situazione e i comportamenti in funzione della nostra rappresentazione della situazione. Ciò significa che non affrontiamo mai una comunicazione in maniera neutrale ma disponiamo già di un “a priori” che influenzerà, e non poco, la situazione comunicativa.

– VARIABILI SOCIALI

Lo status, o posizione sociale, influisce sul comportamento.
In funzione della posizione occupata nella società svilupperemo un certo numero di ruoli sociali e i correlati comportamenti e atteggiamenti appropriati.

Sono 2 le possibili fonti di disturbo che possono perturbare un’interazione: 

  • il conflitto di ruoli
  • la rigidità dei ruoli

Altri elementi sociali che intervengono nelle situazioni di interazione sono i pregiudizi e gli stereotipi sociali; questi giudizi precostituiti sono legati alla storia del nostro gruppo di appartenenza, alla nostra personalità e alle nostre esperienze personali.

COME REAGIRE ALLE DOMANDE INATTESE

Nel caso qualcuno ci ponga una domanda a cui non sappiamo rispondere, consiglio di ammettere serenamente che non conosciamo la risposta e, se è il caso, ci informeremo e la comunicheremo in un secondo momento; evitare invece di rifugiarsi in una posizione aggressivo-difensiva (l’esempio tipico lo vediamo nelle interviste ai politici: piuttosto che dimostrare la loro ignoranza reagiscono con arroganza o snobbando l’interlocutore; ma un esempio ancora più grave l’ho riscontrato con un mio docente universitario che, durante le lezioni, alle domande a mio avviso intelligenti e ragionate di alcuni studenti rispondeva “non è pertinente“)

Se invece viene posta una domanda alla quale abbiamo già risposto, evitiamo di irritarci e rispondiamo di nuovo (potremmo non essere stati chiari nell’esposizione oppure non abbiamo approfondito dei punti che l’interlocutore riteneva importanti); al termine chiediamo se la risposta è stata soddisfacente.

Nel caso la domanda posta sia da noi giudicata “stupida”, rispondiamo comunque in maniera neutra, senza mostrare il minimo segno di irritazione o peggio ancora di ironia (ricordiamoci che non esistono domande “stupide”, magari abbiamo già dato la risposta ma non è stata compresa o ascoltata!!!).

Se invece la domanda è evidentemente ostile o provocatoria, restiamo calmi e rispondiamo senza alcun sarcasmo e senza screditare l’interlocutore; rinforzeremo in questo modo l’immagine di chi gestisce la situazione con equilibrio e professionalità.

Può capitare che ci venga posta una domanda “delicata” a cui non vogliamo rispondere; anche in questo caso è meglio ammettere apertamente e con gentilezza che preferiamo non entrare nell’argomento oppure possiamo rispondere “non ritengo sia pertinente per la situazione in questione“.

Nel caso ci venga fatta una domanda chiusa, non limitiamoci a rispondere SI o NO, ma completiamo la risposta con una precisazione / spiegazione a riguardo, sempre verificando la reazione dell’interlocutore alle nostre parole.

ASPETTI PSICOLOGICI DELLA PERSUASIONE

La persuasione si fonda su un’argomentazione strutturata in cui devono essere presi in considerazione anche gli aspetti affettivi di chi ascolta.
Due sono le variabili importanti:

  • l’attenzione (occorre attirare l’altro, fare in modo che ci presti ascolto)
  • la comprensione (occorre che l’altro comprenda, dando lo stesso significato alle mie parole)

Spesso si pensa che sia più facile persuadere qualcuno di intelligenza media o bassa mentre le persone più intelligenti sarebbero più difficili da convincere.
Al contrario, con le persone più intelligenti è più facile attirare la loro attenzione e quindi giocare sulla comprensione di ciò che viene detto (la quale ha un effetto molto forte sul cambiamento dell’opinione)

McGuire ha proposto una teoria bifattoriale dell’inquietudine, secondo cui per convincere qualcuno possiamo utilizzare la paura e le minacce solo fino ad un certo punto poiché ciò renderà l’interlocutore turbato e impaurito, al punto che non sarà più in grado di prestare attenzione e comprendere quanto viene detto; infatti la paura può motivare ma anche paralizzare il pensiero e le azioni.

La teoria della coerenza afferma, invece, che ciascuno assimila un nuovo concetto o un’idea nuova se riesce a stabilire un compromesso tra questo nuovo concetto/idea e quanto è già stato integrato precedentemente nel suo sistema di credenze.
In altre parole, nessuno intende cambiare idea in maniera radicale: prima dobbiamo adattare la nuova informazione alle credenze già possedute che quindi si possono modificare progressivamente.

Correlata a questa spiegazione troviamo la teoria funzionale, secondo cui dobbiamo difendere noi stessi e le nostre idee per essere sempre in armonia con ciò che pensiamo e con ciò in cui crediamo (quante discussioni inutili si fanno per “salvare la faccia“…)

La teoria percettiva, infine, prende in considerazione gli aspetti emotivi dei destinatari dei messaggi persuasivi, riscontrando che noi cambiamo i nostri atteggiamenti in funzione di “come” percepiamo l’oggetto e non in funzione di come l’oggetto è realmente; se una persona che ci è antipatica dice qualcosa di giusto e di interessante, rifiuteremo di ascoltarla o invalideremo quanto ha detto.

BIBLIOGRAFIA

Abric J.C. – Pratiques sociales et représentations – Presses Universitaires de France, 1994

Braga G. – La comunicazione sociale, Eri, 1974

Grice H.P. – Logica e conversazione – in M.Sbisé, Atti linguistici, Feltrinelli, 1978

Jakobson R. – Saggi di linguistica generale – Feltrinelli, 1966

Lewin K. – Teoria dinamica della personalità – Giunti Barbera, 1968Majello C. – L’arte di comunicare – Franco Angeli, 1993

Maslow A.H. – Motivazione e personalità – Armando, 1973

Simini M. – La comprensione reciproca – Franco Angeli, 1997

Watzlawick P. – Pragmatica della comunicazione umana – Astrolabio, 1971